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Testo di Vanni Pandolfi

All’interno di uno scenario metafisico una Donna sorregge e trasporta un Uomo stanco, senza forze, impossibilitato nel continuare il suo cammino, sul faticoso percorso della Vita. E’ il nostro destino, quello di essere condannati a morte, ma l’amore è sostegno, prendersi cura dell’altro, unione di forze e protezione, camminando insieme nella luce. E l’ombra sottostante le due figure testimonia la fusione in un unico essere, una nuova entità olistica che supera generi e differenze capace senza alcun dubbio di affrontare quel destino in maniera più tranquilla e sicura. 

Testo di Barbara Pierro

Il duetto delle ombre. Nel cuore del buio, dove la luce s’insinua appena, come un respiro di vita che sfiora il confine dell’eternità, Simona Viscioni cattura l’essenza di una lotta antica quanto il tempo. Due figure si stagliano, nude e vulnerabili, nell’ovale di luce che le accoglie come un palcoscenico sacro, un altare profano eretto all’effimero e al sublime. Sono guerrieri senza armi, amanti senza volto, anime legate da un destino comune: la condanna alla vita, la danza del vivere che è sempre sospesa sull’orlo del nulla.Il silenzio è il terzo protagonista, denso e palpabile, riempie l’aria con la sua presenza incombente. La luce, tagliente e crudele, ne delinea i contorni, enfatizzando ogni curva e muscolo, mentre l’ombra si espande sotto i loro piedi, come una voragine pronta a inghiottirli. E una scena di intima dualità, un intreccio tra il divino e l’umano, il chiaro e lo scuro, l’essere e l’apparire. Come marionette che sfidano i fili del loro burattinaio, le due figure sembrano gravitate in un abbraccio che è al contempo salvezza e condanna. Viscioni non ci racconta una storia, ma un mito riemerso dalle profondità dell’inconscio collettivo, un racconto che parla di noi, del nostro esserci, sospesi in una luce che è sempre destinata a svanire. “lo sono un condannato a morte come Te” è il grido muto di chi ha compreso l’inevitabile e vi danza sopra con una grazia dolente, l’elegia di un incontro che è destinato a perdersi nella penombra.In questo duetto senza tempo, non c’è vincitore né vinto, solo la perpetua tensione di corpi che si sollevano e si sorreggono, sfidando la gravità della propria esistenza. È il dramma del vivere, il gesto eroico del resistere, l’abbandono all’altro che è riflesso di sé. Ogni linea tracciata dalla luce, ogni segno inciso nell’ombra, ci ricorda la bellezza e la fragilità del nostro stare al mondo. La fotografia di Simona Viscioni è un inno all’umanità, nella sua nudità e nella sua imperfezione, un’opera che risuona come una preghiera laica, un sussurro che echeggia tra le navate dell’invisibile. Qui, nel ventre dell’oscurità, dove l’eco delle ombre narra storie senza voce, comprendiamo che siamo tutti condannati a una bellezza irripetibile, a un vivere che brucia, silenzioso e intenso, tra le braccia della luce e dell’ombra, tra la nascita e la morte.Imo plauso per la preziosa condivisione di foto, intensa, potente, vibrante, emozionante!!!

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