Testo di Fabrizio Razzauti
Una figura solitaria sulla grande scacchiera della Terrazza Mascagni accentua la sensazione di isolamento e vastità. La nebbia densa che avvolge tutta la scena aggiunge un ulteriore strato di mistero e malinconia. A destra, si erge una mastodontica struttura metallica formata da una ripida scala e un tortuoso scivolo. Come abbandonata a se stessa, fuori dal tempo, eterea, aumenta il senso di mistero e di incertezza della situazione. L’immagine è suggestiva, invita a riflettere sul senso della vita, sulla solitudine, sul mistero che circonda l’uomo e il suo posto nel mondo.
Testo di Barbara Pierro
Sotto l’abbraccio della nebbia, ogni cosa si dissolve in un confine incerto tra realtà e sogno, tra ciò che è visibile e ciò che è nascosto. I contorni sfumano, come pensieri che si spengono nella memoria, e la griglia della pavimentazione si stende come un’antica scacchiera dove le pedine sono state mosse e dimenticate. La nebbia, tessitrice di silenzi, avvolge il mondo in un manto di sospensione, come se il tempo stesso esitasse, perso tra il passo di un viandante solitario e la spirale di un vecchio scivolo che non conosce più il suono delle risate.
Camminare qui è un atto di fede, un procedere cieco verso l’ignoto, oltre il visibile, verso un altrove che si svela solo un passo alla volta. Ogni figura diviene un’ombra, ogni voce un sussurro lontano, ogni respiro un’invocazione al vuoto. È un pellegrinaggio senza meta, un vagare in un labirinto senza pareti, dove l’unica direzione è quella del proprio battito, eco sordo che rimbalza tra i corridoi di una mente avvolta nella nebbia dell’esistenza. La nebbia non copre, rivela. Rivela il non detto, il nascosto, il represso. È il respiro della terra che si eleva in un canto senza suono, l’eco di un’antica verità che si cela dietro il velo delle cose viste. Come la mente che si perde nei propri anfratti, essa si insinua in ogni angolo, in ogni interstizio, disegnando con la sua mano invisibile i segreti del passato e le promesse del futuro. La nebbia è l’incarnazione del dubbio, dell’incompiuto, di ciò che è e di ciò che potrebbe essere.E in questo bianco sospeso, la figura solitaria che cammina è il simbolo dell’eterna ricerca. Non cerca risposte, ma il conforto del movimento stesso, l’illusione di avanzare verso una luce che non si vede, ma che si spera. Ogni passo è una preghiera silenziosa, un atto di resistenza contro l’oblio che avanza. È un gioco di specchi senza riflesso, una danza tra ciò che appare e ciò che sfugge, un continuo riavvolgersi tra le spire di un’esistenza che trova il suo senso nel perdersi.E così, mentre la nebbia scende, non è l’assenza di visione a dominare, ma la promessa di una nuova percezione. Ogni istante è un invito a guardare oltre, a vedere non con gli occhi, ma con l’anima, a riconoscere che nelle cose non viste si cela la vera essenza. È un richiamo ancestrale, una voce che risuona dal fondo dei secoli e che sussurra: “Continua a camminare, nonostante tutto, poiché nella nebbia troverai te stesso”.