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CASALINI

Massimo Casalini

L’artista Casalini nel suo studio

Massimo Casalini nasce a Livorno nel 1968, ecco cosa ci racconta della sua esperienza artistica: “l’imprinting l’ho avuto con Dufy. Un libercolo stampato negli anni ’60, con le immagini a colori attaccate alla pagina, come usava allora. Non sapevo ancora leggere, avrò avuto 3-4 anni; di nascosto aprivo l’armadio dove era custodito il libercolo e fantasticavo per ore sui colori, su quelle immagini così misteriose, ma così avvincenti! Del resto non avevo idea di cosa fosse un’orchestra o un circo!!! E’ rimasto, quel libro, uno dei ricordi più vividi della mia infanzia. Potrete ben capire, quindi,  l’emozione che ho provato quando l’ho ritrovato, dopo più di 35 anni e mi sono balzate dalla memoria quelle immagini, molto commovente! La piena coscienza della “chiamata” l’ho avuta verso i 12-13 anni, forse anche prima, quando riproducevo a china le illustrazioni dei libri di Jules Verne. Fu in quel momento che ebbi la netta sensazione della vocazione, un qualcosa che non avevo mai provato prima, ma che da allora non mi ha più lasciato.
La vita, poi, mi ha portato su ben altre strade: ho fatto l’animatore turistico, l’istruttore di vela, il marinaio, il gelataio, l’operaio, il tecnico, il disegnatore, il bibliotecario, l’imbianchino, il tappezziere, non necessariamente nell’ordine in cui le ho elencate. Altri tempi, altre vite, altre età! 
Nel contempo ho conosciuto Corto Maltese, Hugo Pratt e la “letteratura disegnata”; con lui London, Yeats, Baudelaire; più che leggevo e più che mi si aprivano nuove frontiere, come una reazione a catena alternavo letture ad esperienze di vita, le letture mi portavano a fare determinate esperienze, le quali esperienze mi inducevano nuove letture e così via. Era l’epoca dei viaggi, dei pellegrinaggi, delle avventure, della “presa diretta”. Non potendo avere una guida artistica e tanto meno – per lo stile di vita che conducevo –  poter frequentare studi artistici, ho “ripiegato” per svariati anni sulla fotografia. Un ripiego che si è rivelato una vera e propria folgorazione, che ho perpetrato per anni. La fotografia l’ho sempre intesa come un’allucinazione ad occhi aperti; un’esperienza che posso paragonare alle droghe, agli allucinogeni. Poi la vita ha preso una svolta e mi sono fermato. Fisicamente, intendo. Nel 2002 mi sono sposato ed è proprio dal 2002 che sono diventato allievo del Maestro Ferrante di Roma. Da allora la “chiamata” che ricevetti quando ero ancora imberbe, ha ricevuto una risposta definitiva. Non mi sento un’artista; piuttosto un esploratore che, per paura di perdersi, lascia in giro dei segni, “per ritrovare la strada”.

 

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TOMMASO EPPESTEINGHER

ENRICO RISTORI