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di Fabrizio Razzauti

Il dittico fotografico «Solve et Coagula» di Giovanni Firmani è un’opera che esplora simbolicamente il concetto di trasformazione, diviso tra dissoluzione e ricostruzione. Questo titolo, tipico del linguaggio alchemico, suggerisce il processo ciclico di smantellamento e riformazione, di morte e rinascita interiore. Le immagini scelte da Firmani rappresentano visivamente questo viaggio oscuro e mistico, in cui ogni elemento simbolico si fa veicolo di significati profondi.

Nella fotografia a sinistra, vediamo un calice lucente in primo piano e una figura sfocata sullo sfondo. Il calice, oggetto rituale per eccellenza, richiama l’idea di purificazione e di offerta, mentre la figura sfumata e indistinta è come in procinto di attraversare un limite tra il fisico e lo spirituale, o tra il conscio e l’inconscio. Questo fotogramma incarna il concetto di “solve” – dissoluzione, separazione – come un momento di sospensione in cui l’essenza è ancora in fase di distacco dal mondo terreno.

A destra, il Bafometto emerge dall’oscurità con uno sguardo ipnotico e simboli criptici. Il termine “coagula” è inciso sul suo braccio, richiamando la fase di riformazione alchemica. Il Bafometto, figura controversa e ricca di significati esoterici, rappresenta l’unione degli opposti: maschile e femminile, divino e demoniaco, luce e ombra. È un simbolo di totalità e trasformazione, e la sua presenza in questa immagine amplifica il senso di mistero e di rinascita attraverso l’integrazione degli opposti. Qui, il “coagula” non è solo un atto di ricomposizione materiale, ma un processo di integrazione e accettazione delle proprie ombre e dei propri conflitti interni, incarnati dalla figura del Bafometto.

La relazione tra le due immagini è quindi una dialettica tra dissoluzione e rinascita, tra negazione e accettazione, tra sacro e profano. Il calice, come strumento di purificazione, ci invita a “svuotare” simbolicamente ciò che è superfluo, a lasciare andare parti di noi per poterci trasformare. Il Bafometto, invece, ci sfida ad abbracciare e a ricostruire, a riunire in una nuova forma ciò che è stato dissolto.

Firmani, attraverso questo dittico, ci porta in un viaggio interiore, invitandoci a riflettere sul processo di crescita personale e sull’importanza di affrontare le nostre paure e contraddizioni. L’opera, con i suoi toni cupi e simboli potenti, stimola chi guarda ad interrogarsi sul proprio lato oscuro, per poi emergere trasformato. “Solve et Coagula” diventa così un mantra visivo, un richiamo alla capacità umana di evolversi, di lasciar morire una parte di sé per rinascere con una consapevolezza nuova e integrata.

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