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«La testa, femmina, si volta. E non vede che l’uomo» – © Paolo De Falco

Poesia di Nella Tarantino

 

L’inizio (e la fine) del mondo

Sublime, atroce, la sera ti scoprì

alla fine del tempo, all’inizio del mondo.

Sorge il paesaggio già affaticato

e stanco si confonde

e cancella sull’uniforme imprimitura della tela

un cielo di stelle spente.

Naufragio del tempo, tronco di pietra,

tu, solo, perduto disperato,

tu solo devastato

la testa tra le mani.

Inizia il mondo e dentro te finisce.

Desiderio di ripartire di risvegliarsi

di ricominciare, ma sai perfettamente

che non c’è più niente da fare

perché l’assenza è mortale,

l’assedio è un vuoto impossibile da navigare.

Nuvole di sabbia e polvere sporcano l’inquadratura,

confondono la tua figura. 

Cenere e fango, materia scura.

Sommerso si perde tra nuvole di sabbia e polvere

l’amore perduto d’un uomo randagio

eroico prigioniero d’un cielo di stelle spente. 

«Hanno distrutto le tue speranze» – © Nelita Specchierla

Testo di Fabrizio Razzauti

Una donna con un’espressione triste e pensierosa, avvolta in un maglione spesso ripresa in un momento di profonda introspezione e malinconia, con capelli scompigliati che incorniciano il viso serioso. L’atmosfera generale è cupa, accentuata dalla scelta del bianco e nero, che enfatizza le ombre e i contrasti, conferendo all’immagine un senso di drammaticità e intensità emotiva. La composizione e l’uso della luce accentuano l’essenza della vulnerabilità umana con grande sensibilità e dignità.

«Maestitia» – © Patrizia Riviera

Testo di Fabrizio Razzauti

L’immagine mostra una figura umana maschile, leggermente sfocata, in un contesto che evoca un’atmosfera surreale e misteriosa. La sfocatura e i toni in bianco e nero contribuiscono a creare un senso di movimento e indefinitezza, rendendo l’immagine quasi un’opera pittorica. L’utilizzo della sfocatura e i contrasti forti creano un’atmosfera onirica e inquietante. La figura centrale e i contorni indistinti, fanno apparire il soggetto quasi come un’ombra evanescente in un ambiente enigmatico. I confini tra soggetto e ambiente diventano fluidi e indistinti, creando un senso di vulnerabilità e transitorietà. L’uso del bianco e nero e l’alta grana dell’immagine, rendono la figura in movimento attraverso un’altra dimensione, quasi come un’ombra che si dissolve nel tempo.

«Io sono un condannato a morte come Te» – © Simona Viscioni

Testo di Vanni Pandolfi

All’interno di uno scenario metafisico una Donna sorregge e trasporta un Uomo stanco, senza forze, impossibilitato nel continuare il suo cammino, sul faticoso percorso della Vita. E’ il nostro destino, quello di essere condannati a morte, ma l’amore è sostegno, prendersi cura dell’altro, unione di forze e protezione, camminando insieme nella luce. E l’ombra sottostante le due figure testimonia la fusione in un unico essere, una nuova entità olistica che supera generi e differenze capace senza alcun dubbio di affrontare quel destino in maniera più tranquilla e sicura. 

«Mentre la nebbia scende» – © Francesco Luongo

Testo di Fabrizio Razzauti

Una figura solitaria sulla grande scacchiera della Terrazza Mascagni accentua la sensazione di isolamento e vastità. La nebbia densa che avvolge tutta la scena aggiunge un ulteriore strato di mistero e malinconia. A destra, si erge una mastodontica struttura metallica formata da una ripida scala e un tortuoso scivolo. Come abbandonata a se stessa, fuori dal tempo, eterea, aumenta il senso di mistero e di incertezza della situazione.  L’immagine è suggestiva, invita a riflettere sul senso della vita, sulla solitudine, sul mistero che circonda l’uomo e il suo posto nel mondo.

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