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«Mi resta la tua ombra» – © Carlo Lucarelli

Testo di Fabrizio Razzauti

Una finestra semi-aperta, un cavo che scende disordinato in basso, lungo il muro del palazzo formando un’ombra sinuosa e creando l’illusione di un volto quasi a rappresentare la presenza di una persona amata che non c’è più. Diventa un’ossessione costante quella di chi guarda e vede chi ha nel cuore in ogni momento e in ogni luogo. Sarcastica l’idea che le due persone siano ancora connesse attraverso la fragilità di un cavo di un’antenna TV, ironica anche l’idea che i tratti dell’ombra possano cambiare al prossimo colpo di vento.

«Me ne andai verso il mare a cercare un ricordo» – © Carlo Lucarelli

Testo di Fabrizio Razzauti

Un’immagine che cattura un momento di profonda introspezione e di ricerca interiore. Un anziano solo, a testa china immerso nei suoi ricordi. Nuvole come esuli pensieri, la Terrazza sul mare nello sfondo, immensa e deserta. Uno smarrimento e una solitudine che tuttavia appaiano voluti e controllati (le mani dietro la schiena segno di autorità e di schiettezza). L’uomo alla ricerca di risposte esistenziali o di un ricordo perduto spera probabilmente di trovare risposte nell’immensità del mare.

«La tua assenza è un assedio» – © Francesca Palagi

Testo di Fabrizio Razzauti

Una donna scalza, seduta su una cassapanca presumibilmente all’angolo di una vecchia camera. Il volto indefinito nell’ombra, la postura e la testa china dicono tutto. L’armadio a pochi centimetri è elemento ingombrante e soffocante, sembra inghiottire la donna inerme e accentua la drammaticità del racconto. Malinconia, profonda tristezza e solitudine i sentimenti che emergono in questa desolante situazione di abbandono/assenza.

«Il coraggio di dirti addio» – © Francesca Giari

Testo di Fabrizio Razzauti

Un’assenza che diventa presenza, l’andare che segna l’arrivo. L’assenza fisica della persona: il vuoto che diventa presenza spirituale. L’immagine ritrae un piccolo angolo di un modesto, ma dignitoso ambiente familiare carico di simboli e significati. Un cappotto scuro, un bastone e una serie di cappelli appesi su un attaccapanni: oggetti di una persona cara che non c’è più o forse bloccata in casa per condizioni di salute. Un televisore vecchio modello, acceso sul canale nazionale che proietta un film in bianco e nero come strumento palliativo della solitudine; da una parte evoca il senso di nostalgia per un’epoca passata più semplice e autentica, dall’altra parte ci ricorda l’inesorabilità del tempo. Il quadretto sul muro con l’immagine sacra richiama l’importanza della tradizione e della famiglia come luogo di rifugio e conforto nei momenti difficili, come quando c’è da trovare il coraggio di dire addio.

 

«Ombra che fugge al mattino» – © Anca Corut

Testo di Fabrizio Razzauti

Sagome di persone scure, allungate e sfocate, quasi a voler sottolineare la loro transitorietà e la loro fragilità in antitesi alla solida e immutabile figura del Duomo sullo sfondo, simbolo del tempo che sovrasta, passa e tutto travolge. Il cielo grigio rende l’atmosfera cupa e malinconica come a ricordarci le difficoltà e gli ostacoli che la vita ci riserva, tuttavia in sovrapposizione una lanterna che diventa un barlume di speranza e un invito a vivere con intensità e passione, nonostante la consapevolezza della caducità della vita.

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